Il 14 giugno sembra una data lontana, ma non così distante da poter essere dimenticata.
E oggi, 18 novembre, sono passati cinque mesi: abbastanza per voltare pagina, ma non per cancellare ciò che abbiamo visto… anzi, chi non abbiamo visto quella sera.
Una nuova serata si presenta, soprattutto per noi nostalgici che vogliamo ricordare, capire, non lasciare che tutto scivoli nel silenzio.
E anche per quelli che, pur sapendo, cercano conferme su ciò che in fondo in fondo si sa già, ma che spesso si ha paura perfino di dire ad alta voce… o peggio, di pensare.
La serata si avvicina e, come si fa di solito, si parte da casa con i canonici quindici minuti di anticipo, giusto per cercare un posto (anche se non amo sedermi).
Ho sempre sperato che la gente si ravvedesse: su certe scelte, su certi atteggiamenti, su certe priorità.
La speranza, si dice, non muore mai; ma stavolta muore subito quando vedo un gruppetto in arancione passare davanti… e tirare dritto.
Capisco immediatamente che sarà un bis del 14 giugno.
Peccato: un’altra occasione persa.
Invece, appena entro nella sala, mi stupisco. Mancano dieci minuti e la sala è già piena.
Ci si muove rapidamente, si cercano sedie in ogni angolo; i volontari della Pro Loco recuperano altre sedute e le sistemano affinché tutti possano assistere nella maggior comodità possibile.
Qualche faccia che allora non c’era, questa volta c’è. Molti che dovrebbero esserci, invece no.
Ma alla fine mi dico: chi se ne importa.
Mi piazzo in piedi per scelta perché certe verità, soprattutto quelle più scomode, vanno ascoltate senza comodità.
Con la schiena dritta e la coscienza sveglia.
Di seguito trovate un breve resoconto, pensato per aiutare a capire meglio i passaggi principali della serata.
Ho cercato di schematizzare e di trasformare una discussione lunga e complessa in un sunto semplice, diretto e chiaro.
La serata è stata intensa, densa di spunti e interventi importanti.
Le cose interessanti sono state davvero tante.
Mi scuso in anticipo per eventuali imprecisioni: l’obiettivo è rendere accessibile il contenuto, non sostituirmi alla profondità degli interventi.
1. L’apertura: “C’è molto che non sappiamo”
La serata si apre con un tema tanto scomodo quanto fondamentale:
chi comanda davvero in Italia quando le istituzioni smettono di essere trasparenti?
Il primo intervento affronta subito la domanda che aleggia ovunque:
esistono “poteri occulti” che interferiscono con la democrazia?
La risposta, netta, è: sì.
E non si tratta di complottismo, ma di fatti, atti processuali, sentenze, testimonianze.
2. Dalla strage di Piazza Fontana alle origini della strategia della tensione
Il primo grande blocco della conferenza è una lunga ricostruzione storica.
Si parte dal 1969, dalla strage di Piazza Fontana, il battesimo della strategia della tensione.
Gli elementi chiave vengono scanditi come pietre miliari:
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Verona: capitale dell’estrema destra neofascista
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Depositi d’armi tedeschi collegati ai servizi stranieri
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La falsa pista anarchica montata dai vertici della sicurezza
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La manovra di Stato per impedire che emergesse la verità
È la prima dimostrazione che “quando i depistaggi li fanno generali e questori, non è più mafia: è Stato”.
3. Il Caso Moro: quando la politica internazionale decide il destino dell’Italia
La serata prosegue con la ricostruzione del sequestro Moro, descritta come il più grande colpo di Stato non dichiarato della storia repubblicana.
Passaggi cruciali:
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Moro stava siglando il compromesso storico con il PCI
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Il dialogo con l’URSS e l’apertura alla questione palestinese
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L’incontro con Henry Kissinger: “Se continua su questa strada, la pagherà”
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La certezza emersa dagli atti che “Moro non fu cercato”
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Il ruolo della Banda della Magliana
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La regia occulta della P2 nei centri decisionali
Il racconto si intreccia con l’omicidio del giornalista Pecorelli, che aveva scritto dei legami tra apparati deviati e politica.
4. Falcone e Borsellino: stragi che non sono solo mafia
Segue un lungo affondo sui fatti del 1992.
De Magistris spiega perché le stragi di Capaci e via D’Amelio non possono essere lette solo come atti mafiosi.
Falcone:
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era diventato direttore degli Affari Penali
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si muoveva con meno protezione a Roma ma non gli successe nulla
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era un simbolo internazionale
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stava scardinando equilibri tra mafia, politica e poteri occulti
La strage di Capaci è definita “un attentato terroristico-mafioso-militare” con finalità politiche:
interrompere la corsa di Giulio Andreotti al Quirinale e spezzare certi assi fra potere istituzionale e criminalità.
Borsellino:
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aveva intuito le trattative tra Stato e boss
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sapeva che gli equilibri stavano saltando
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denunciava pubblicamente di essere un bersaglio imminente
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attendeva di essere ascoltato dalla Procura (e non lo fu mai)
E qui emerge una delle frasi più forti della serata:
“Borsellino fu lasciato morire da chi avrebbe dovuto proteggerlo.”
5. Il dopo ‘94: nasce la criminalità istituzionale
Dopo aver attraversato stragi, depistaggi e trattative, la conferenza entra nella fase più attuale:
la trasformazione delle mafie in sistemi economico-politici che conquistano lo Stato senza sparare.
De Magistris introduce il concetto di:
“Criminalità istituzionale”
ovvero quella forma di potere che:
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si infiltra nella pubblica amministrazione
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guida appalti, finanziamenti e assunzioni
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usa la politica come leva di influenza
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elimina gli onesti con la “carta bollata”, non con le armi
Un’evoluzione spiegata con un’immagine molto chiara:
“Oggi i figli dei boss studiano a Milano, Torino, Bologna.
Diventano avvocati, ingegneri, funzionari, assessori, dirigenti.
Entrano nello Stato per lavorare nell’interesse della famiglia.”
6. L’esperienza personale di De Magistris: quando il sistema colpisce chi indaga
Arriva poi uno dei blocchi più intensi della conferenza:
il racconto di ciò che accadde quando De Magistris indagò su massoneria deviata, politica, magistratura e poteri economici in Calabria.
Punti chiave:
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Minacce, intimidazioni, bombe finte
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Tradimenti non dalla mafia, ma dai vertici istituzionali
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Intercettazioni che svelarono collusioni tra procuratori e indagati
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Indagini bloccate da interventi “dall’alto”
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Il trasferimento punitivo deciso dal CSM
La frase simbolo:
“La criminalità organizzata la combatto.
Ma quando ti tradisce lo Stato, quello ti spezza.”
7. Il nodo della solitudine a cui ti costringono.
Il suo intervento è devastante e sincero, che riguarda lui e tutti quelli che vogliono ribellarsi.
Racconta:
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gli anni passati a denunciare
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i costi personali e familiari
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il peso dell’isolamento
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l’assenza dello Stato quando serviva
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le notti di paura
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i processi interminabili
E ricorda l’episodio quando fu trasferito con l’auto pieni di cartoni, nel fare benzina durante il tragitto:
Un benzinaio gli disse:
“Dottore, non hanno colpito lei. Hanno colpito noi che abbiamo creduto nello Stato.”
Un pugno allo stomaco.
8. Il caso Cirillo: la trattativa che nessuno può negare
La conferenza torna alla storia con un episodio cruciale:
la liberazione dell’assessore regionale Ciro Cirillo.
Ricostruzione:
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Brigate Rosse lo sequestrano
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Lo Stato non tratta (ufficialmente)
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Ma i boss Cutolo & co. confermano che la trattativa avvenne eccome
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1 miliardo e 450 milioni di lire pagati
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Incontri tra servizi segreti, politici, camorra
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Trattativa chiusa in un supercarcere
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Volante deviata da uomini in borghese dopo la liberazione
È l’unico caso in Italia riconosciuto in sentenza come trattativa Stato-mafia-politica.
9. Dalla teoria alla pratica: la gestione del potere locale
De Magistris passa poi a casi concreti di amministrazione e corruzione:
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emergenza rifiuti a Napoli
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subappalti opachi
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esternalizzazioni “strane”
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affidamenti diretti sistematici
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reti economiche che si autoalimentano
La tesi è semplice:
“Le emergenze croniche non sono incidenti.
Sono strumenti di potere.”
10. Il calendario giudiziario come arma: abolizione dell’abuso d’ufficio
Arriva un passaggio molto critico sulle recenti riforme:
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abolizione dell’abuso d’ufficio
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indebolimento degli strumenti investigativi
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riduzione della possibilità per i cittadini di ottenere giustizia
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ricorsi amministrativi costosissimi che sostituiscono la tutela penale
La domanda:
“Se un amministratore viola la legge, oggi chi può denunciarlo?”
La risposta:
quasi nessuno.
11. Il cittadino che denuncia: dalla speranza allo smarrimento
Breve intervento di Esposito, spiega cosa significhi denunciare oggi:
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essere isolati
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essere guardati come problemi, non soluzioni
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rivolgersi a istituzioni che spesso non rispondono
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perdere fiducia, perdere sonno
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vedere i colpevoli fare carriera
E lo dice chiaramente:
“In questo paese denunciare non ti libera.
Ti libera dentro, ma ti incatena fuori.”
12. L’assenza che pesa: istituzioni locali evaporate
alla fine un intervento dalla platea del consigliere Milano che denuncia un fatto gravissimo:
La serata del 14 giugno con parenti di magistrati, testimoni, forze dell’ordine, vittime
non ha visto la presenza dell’amministrazione comunale di Caselle.
Assenti:
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sindaco
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giunta
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vertici istituzionali
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associazioni “ufficiali”
La riflessione è durissima:
“Quando davanti hai civiltà, legalità, verità, e lo Stato non si presenta….”
13. Il finale: la Costituzione come antidoto
La chiusura è la parte più alta e luminosa della serata.
De Magistris parla dell’articolo 3 della Costituzione come antidoto al rischio autoritario.
La struttura è semplice:
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La Costituzione è un cuore
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Se non le arriva sangue, muore
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Il suo compito è rimuovere gli ostacoli
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“Rimuovere” è un verbo militante, non passivo
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Tocca al popolo vigilare
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Tocca ai cittadini non essere indifferenti
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Nessuna rivoluzione si fa da soli, ma tutte iniziano da uno
La frase finale riassume l’intero senso della conferenza:
“Non sapremo se vinceremo, ma lottando non saremo complici.”
Conclusione
Così si chiude una serata complessa, intensa, dolorosa e potentissima.
Una serata che ha attraversato 50 anni di storia italiana
dalle stragi alle trattative, dai depistaggi alle riforme attuali
mostrando un filo rosso che non andrebbe ignorato.
E che ha lanciato un messaggio chiaro alla città:
la democrazia non si difende con le assenze, ma con le presenze.
