Questa è la terza puntata del nostro percorso informativo dedicato al mondo dei data center e al loro impatto sui territori.
📌 Se ti sei perso le precedenti, eccole qui:
➡️ Il data center hyperscale a Caselle: opportunità o rischio?
➡️ Bruciare rifiuti o gigabyte? Tanto è lo stesso, ci dicono
🔍 L’obiettivo non è dirti cosa pensare, ma offrire informazioni e spunti per capire. Perché, in fondo, chi meglio di ciascuno di noi può giudicare?
Certo, sarebbe ancora meglio poterlo fare senza preconcetti, interessi personali o legami affettivi. Un buon consiglio? Quando qualcuno ti dice qualcosa per convincerti, chiediti sempre: “per dirmi questo, lui/lei cosa ci guadagna?” Se la risposta è “nulla”, forse ti sta semplicemente dando una informazione, nel caso contrario….ci penserei due volte.
Essere liberi di valutare ogni questione per quello che è – e non per chi la propone – è fondamentale.
Quando ogni confronto si trasforma in scontro, o ogni proposta viene vista come una minaccia, diventa difficile restare lucidi.
E invece, capire davvero è il primo passo per decidere con consapevolezza.
📖 L’inchiesta: “I data center si mangiano la terra (ancora) verde”
Il contenuto che segue è un’analisi basata sull’inchiesta pubblicata da IrpiMedia il 28 maggio 2025:
👉 I data center si mangiano la terra (ancora) verde. Due casi in Lombardia
Un lavoro che racconta con dati e storie locali come i data center stiano diventando, in silenzio, una delle principali cause di consumo di suolo in Italia, soprattutto in Lombardia.
🌍 Lombardia: regina del cemento e nuova patria dei data center
In Lombardia, oltre il 12% del territorio è ormai coperto da costruzioni. I pochi spazi verdi che restano rischiano di scomparire, anche per fare spazio ai nuovi giganti del digitale: i data center, infrastrutture fondamentali per l’economia digitale ma spesso costruiti su suoli agricoli, grazie a normative flessibili e poco trasparenti.
Mentre i poli logistici inquinano e intasano le strade, i data center sono più “invisibili”: non generano traffico, ma consumano tantissima energia e acqua, e occupano spazio. Tanto spazio.
🏗️ Due casi concreti: Bornasco e Arcene
📍 A Bornasco (PV), Microsoft e una seconda società stanno puntando su un’area verde per realizzare data center. I cittadini protestano: «il terreno era destinato a servizi collettivi, non a capannoni tecnologici».
📍 Ad Arcene (BG), si parte da un terreno agricolo: la società proprietaria aveva già tentato di farci una cava. Ora propone un centro dati da 50.000 mq. Il Comune approva una variante al piano urbanistico e incassa 4 milioni in oneri, più l’Imu. Il sindaco difende la scelta: “meglio così che lasciare il terreno incolto”.
⚖️ Il problema? Le regole (o meglio: la loro assenza)
In Italia manca una legge nazionale contro il consumo di suolo. Ogni Regione fa da sé, con regole diverse. I data center spesso sfuggono alla Valutazione di Impatto Ambientale (Via) grazie a un escamotage: restare sotto i 50 MW di potenza dichiarata.
E così non si valuta l’impatto ambientale prima di costruire. E se poi superano i limiti? Si vedrà. Magari si farà una Via “postuma”, quando il danno è già fatto.
📊 Dati chiave
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513 MW: potenza consumata dai data center in Italia nel 2024 (più dell’intera Firenze).
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333.341 mq: superficie totale dei data center italiani (pari a 49 campi da calcio).
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5 miliardi di euro: investimenti previsti nel biennio 2023-24, destinati a raddoppiare entro il 2026.
💡 Per approfondire, leggi l’inchiesta originale:
👉 I data center si mangiano la terra (ancora) verde. Due casi in Lombardia – IrpiMedia
di seguito il nostro sondaggio