“Questa sera, Caselle Torinese premierà Mauro Esposito per il suo coraggio e l’impegno civile nella lotta contro la criminalità organizzata. In vista dell’evento, è stato lanciato su TicDemocrazia un sondaggio anonimo, aperto a tutta la cittadinanza.”
🎯 Il titolo era semplice, diretto e un po’ scomodo:
“Legalità e consapevolezza: quanto conosciamo davvero la criminalità organizzata?”
Obiettivo? Non celebrare, ma interrogarci. Perché la legalità non è solo un valore da difendere in astratto, ma un terreno su cui ognuno è chiamato a prendere posizione. Anche nei contesti più insospettabili. Anche quando tutto sembra “normale”.
📊 Cosa raccontano i numeri
Quanto è presente la criminalità organizzata, secondo i cittadini?
I 165 partecipanti al sondaggio non hanno lasciato dubbi:
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Il 93% ritiene che la criminalità organizzata sia abbastanza o molto presente nel proprio territorio.
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Il 61% afferma che non si tratta solo di un problema del Sud o dell’Italia intera, ma anche del proprio contesto locale.
L’idea che “da noi certe cose non succedono” è ormai superata.
🧠 Le mafie non portano più la coppola
Alla domanda su cosa evochi oggi il termine criminalità organizzata, le risposte sono eloquenti:
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52%: corruzione nella politica e nelle istituzioni
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24%: infiltrazioni negli appalti pubblici
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Solo il 13% ha indicato crimine violento e traffici illeciti
Una nuova consapevolezza si fa strada: oggi le mafie si mimetizzano nei palazzi, nei bilanci, nei contesti “rispettabili”.
🛡 Come si contrasta la criminalità?
Anche qui, le priorità si spostano:
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45% indica prevenzione e cultura della legalità
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34% crede nella repressione giudiziaria
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15% punta sulla trasparenza nella gestione pubblica
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Solo il 6% cita protezione per giornalisti, testimoni, cittadini attivi
Un quadro che mostra fiducia nell’educazione e nella cittadinanza attiva, ma che sottolinea anche quanto sia ancora marginale il riconoscimento delle forme di pressione invisibili.
🤐 Strategie di delegittimazione: le nuove armi del silenzio
Il cuore più delicato del sondaggio tocca un nervo scoperto.
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Il 67% dei partecipanti crede che delegittimare pubblicamente chi denuncia illegalità sia una tecnica di intimidazione riconducibile alle logiche mafiose.
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Il 70% identifica campagne diffamatorie, attacchi personali e ridicolizzazione pubblica come strumenti affini.
Ma il dato più inquietante è un altro: oggi la violenza non serve più, quando si può isolare il messaggero.
In questo contesto, è impossibile ignorare che anche in diverse zone della nostra Italia compaiono articoli o contenuti il cui scopo sembra proprio questo: intimidire, screditare, ridicolizzare chi solleva domande scomode.
E quando questi attacchi partono anche da figure che non dovrebbero mai utilizzare certi toni—magari persone che educano i nostri figli o rivestono ruoli pubblici e formativi—il problema si fa ancora più serio.
Perché anche piccole parole, quando pronunciate da chi dovrebbe essere esempio di imparzialità, legalità e rispetto, diventano una forma di contaminazione civile.
🏘 Anche nei piccoli Comuni
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Il 66% dei cittadini pensa che anche nei centri minori esistano forme di controllo informale che scoraggiano il confronto pubblico.
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Il 48% dice che parlare apertamente di legalità è difficile o scoraggiato.
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Solo il 9% ritiene che sia facile e ben accetto.
Un dato che pone una domanda scomoda: in quali condizioni si può davvero parlare di democrazia partecipata, se mancano spazi liberi di espressione?
🙋 E se qualcuno denunciasse?
Alla domanda: “Se una persona denunciasse un problema legato all’illegalità e subisse pressioni, come reagiresti?”, le risposte mostrano chiaramente la tensione tra solidarietà e paura:
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Il 51% lo aiuterebbe, ma senza esporsi troppo.
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Solo il 27% lo sosterrebbe apertamente.
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Il 10% si terrebbe fuori dalla vicenda.
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Il 12% non saprebbe cosa fare.
Un quadro che rivela un sottile clima di isolamento, dove il rischio non è solo quello di “esporsi”, ma di essere lasciati soli.
🕊 E ora, una domanda più leggera (ma non troppo)
Dopo la riflessione, è arrivato anche il momento di un piccolo intermezzo simbolico:
Chi dovrebbe consegnare il premio a Mauro Esposito, il 14 giugno, a nome della cittadinanza casellese?
Una sola domanda, un solo gesto, ma tante possibili interpretazioni. E 128 persone hanno votato.
🗳 Ecco i risultati:
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🥇 Il Presidente del Consiglio Comunale: 41%
figura istituzionale, ma forse meno “politica”, forse percepita come più super partes.
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🥈 Un rappresentante delle forze dell’ordine: 32%
figura che unisce senso civico e rispetto
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🥉 Un membro del Consiglio Comunale dei Ragazzi: 10%
un segnale chiaro di fiducia nel ruolo educativo delle nuove generazioni.
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Il Sindaco: 9%
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Il Vicesindaco: 3%
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Un assessore: 2%
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Un consigliere di maggioranza: 0%
Un gioco? Forse. Ma anche un piccolo specchio della fiducia collettiva.
Perché anche scegliere chi premia è un atto politico.
E i cittadini, quando possono esprimersi, sanno farlo.
📌 Conclusione: capire per scegliere
Questo doppio sondaggio ha messo in luce due cose:
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Una cittadinanza più consapevole di quanto si pensi.
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Il bisogno, sempre più forte, di spazi di espressione, partecipazione e confronto reale.
Perché la legalità non è una parola da pronunciare solo a cerimonie o commemorazioni.
È una scelta quotidiana. E si comincia da qui:
📣 dalla voglia di capire, di parlare, di esserci.
risultati sondaggio:
Legalità e consapevolezza: quanto conosciamo davvero la criminalità organizzata?
Chi premierà Mauro Esposito a nome della cittadinanza casellese