Sono le 12 in punto e nella moschea Mohamed VI rimbomba la voce di Valentino Castellani. L’ex sindaco e presidente del Comitato Interfedi della Città di Torino parla di «disarmare i cuori dalla violenza». Spiega: «Siamo qui per affermare con forza che la pace è sempre possibile e nessuno può usare le armi in nome di Dio». È il 7 ottobre, è passato un anno dall’attacco di Hamas a Israele e dall’inizio della guerra in Medio Oriente. In piedi in via Genova, davanti a Castellani, ci sono musulmani, ebrei, cattolici, ortodossi, valdesi, induisti, mormoni. Sono i rappresenti delle diverse confessioni religiose che hanno risposto all’appello di Papa Francesco unendosi in preghiera e invocando, tutti insieme, la pace. «Per noi pace non è solo l’assenza di guerra – dice Idris Abd al-Razzaq Bergia, segretario generale della Comunità religiosa islamica italiana – ma anche fratellanza fra gli esseri umani». Mentre la città si blinda per il corteo lanciato dai pro Palestina in piazza Castello, in via Genova c’è silenzio. Teste abbassate, occhi chiusi. «Non scenderemo mai in piazza portando odio» dice Giampiero Leo, portavoce del Coordinamento Interconfessionale del Piemonte-Noi siamo con Voi. «Nella vita ci sono tanti nemici – prosegue – ma il vero nemico dell’umanità è l’odio, da cui non dobbiamo farci travolgere: noi dialoghiamo con tutti, ma non aderiamo a iniziative dove ci possono essere forme di violenza, messaggi di intolleranza e di odio». Il popolo di Gaza «ci sta a cuore e chiediamo la pace, che va costruita ogni giorno». La preghiera in moschea, conclude Castellani, «è un segnale importante che costruisce comunità e chiede a chi ha responsabilità nel mondo, dai governanti alle organizzazioni internazionali, di cominciare a parlare di pace in maniera convincente ed efficace».
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