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IN CONSIGLIO IL DIBATTITO SU CORSO REGINA MARGHERITA 47

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Discussa, questo pomeriggio in Sala Rossa, l’interpellanza generale presentata dal consigliere Ferrante De Benedictis riguardante: “Ontologia del nulla. Lo stabile di corso Regina Margherita 47 e Askatasuna sono entità inscindibili? E del Gabrio ce ne siamo dimenticati?”.

Nel presentare il documento, il consigliere di Fratelli d’Italia ha sottolineato come la vicenda, considerata una ferita tuttora aperta, sia uscita dai radar dell’Amministrazione e dell’informazione cittadina. Mentre ritiene se ne debba invece parlare, per capire a che punto sia la vicenda, soprattutto in assenza del sopralluogo più volte richiesto, anche per capire se sussistono o si sono aggravati i problemi strutturali. Per De Benedictis, sono i cittadini a chiedere che fine farà quel posto.

Nel rispondere all’interpellanza, la vicesindaca Michela Favaro ha chiarito che la struttura è stata restituita alla città nel febbraio del 2024, libera da persone, e consegnata ai proponenti del Patto di collaborazione con il vincolo che rimanesse nella disponibilità dell’Amministrazione, anche per poter svolgere i sopralluoghi tecnici necessari all’effettuazione di una perizia sulla sicurezza statica dell’immobile.

Quando la Questura ha segnalato la possibile presenza di persone all’interno della struttura, la segnalazione è stata riportata ai proponenti del Patto, con la richiesta di mantenere fede alla dichiarata disponibilità a lasciare vuoti i locali per non compromettere l’intero progetto che l’Amministrazione ha il potere di interrompere.

Allo stato attuale non sussistono i requisiti necessari per garantire che le visite nei locali possano essere effettuate in sicurezza. L’accesso è limitato al piano terreno. Ad oggi non sono stati sostenuti costi da parte dell’Amministrazione per la redazione del Patto di collaborazione o forniti contributi per le attività del comitato proponente. Solo costi per interventi tecnici di valutazione della struttura, costo 38.000 euro, e per la messa in sicurezza dell’edificio al fine di garantire la pubblica incolumità delle aree prospicienti l’edificio, costo 14.377 euro.

La vicesindaca ha, infine, risposto al quesito riguardante la presenza di amianto al “Gabrio”, spiegando che lo stabile di via Millio è oggetto di monitoraggio periodico che hanno stabilito che l’amianto è presente in componenti edili che, finché non vengono danneggiati, non rappresentano un pericolo.

Dopo l’intervento della vicesindaca, si è aperto il dibattito. Primo ad intervenire il firmatario dell’interpellanza, Ferrante De Benedictis, che si è detto sconcertato dalle risposte della Giunta che dribbla i problemi dell’immobile e, nonostante le norme, intende proseguire con il progetto di coprogettazione. Spero che nella maggioranza – ha commentato – ci sia qualcuno che voglia prendere coscienza di una situazione dove sono tutelati comportamenti delinquenziali.

Dopo di lui, Giuseppe Iannò (Torino Libero Pensiero) ritiene vergognosa la risposta in sala Rossa da parte di un’Amministrazione che non risolve un problema annoso; ho chiesto da poco un sopralluogo ufficiale – ha aggiunto – e credo vada fatto al più presto.

Enzo Liardo (Fdi) ricorda che non c’è nessuna denuncia del Comune per l’occupazione dello stabile e chiede ancora una volta alla Giunta di poter visitare Askatasuna, come promesso a suo tempo dal sindaco.

Domenico Garcea (Forza Italia) ricorda le ripetute richieste negate di sopralluogo alla struttura e trova imbarazzante la situazione dove l’europarlamentare Salis interviene lì a un convegno e i Consiglieri comunali non possono entrare.

Per Tiziana Ciampolini (Torino domani) quello dell’Amministrazione è un atto di coraggio su una questione piuttosto complessa. Un processo in linea con la prospettiva europea che ci impone di investire sulla sicurezza urbana con percorsi di partecipazione. Che bandisce le politiche repressive perché non hanno impatto. Investire sulla comunità, sulla coesione e sui patti di collaborazione con i cittadini, dimostra l’assunzione di responsabilità e di un cambio di passo notevole da parte della Città.

Pierlucio Firrao (Torino Bellissima), nel ricordare che il suo capogruppo aveva definito il Patto una lodevole iniziativa, sottolinea che aveva anche dichiarato che avrebbe vigilato sulla sua applicazione. Per questo oggi afferma che la lodevole iniziativa non è proseguita nel modo corretto. Sono stati rimandati i sopralluoghi, l’edificio non è staticamente sicuro, l’occupazione continua. E si dice preoccupato per la sicurezza dei cittadini: un eventuale incidente all’interno di quella struttura sarebbe di totale responsabilità della Città.

Per Federica Scanderebech deve essere rispettato il diritto dei consiglieri di poter accedere a quella struttura. Lo prevede l’Articolo 70 del Regolamento del Consiglio comunale. Un diritto che considera sia stato e sia ancora violato. Forse perché la maggioranza questo sopralluogo non vuole farlo. La consigliera di Forza Italia si augura poi che l’Amministrazione voglia prendere in mano la situazione per un progetto di riqualificazione serio.

Critico anche Fabrizio Ricca, convinto che l’immobile sia ancora occupato, che l’Amministrazione non voglia concedere un sopralluogo e che il percorso di coprogettazione non abbia fatto alcun passo avanti. E considera evidente la presenza di esponenti di Askatasuna ai recenti scontri presso il Parco del Meisino o a quelli romani e torinesi durante le manifestazioni pro Palestina. Per il consigliere della Lega è ovvio che ci sia imbarazzo da parte dell’Amministrazione, perché si è usato il tema della coprogettazione per lasciare dentro l’edificio chi già c’era.

Pietro Abbruzzese (Torino Bellissima) si chiede, coprogettazione con chi? E se anche lui volesse fare un convegno in un giardino, chi gli concede il permesso per farlo? C’è un gruppo di persone, associazioni che vorrebbe prendere in carico quell’edificio ma non sa nemmeno da che parte cominciare. Un progetto lo possiamo fare anche noi per intervenire su tutta una serie di persone fragili. E per saperlo, vorrebbe fare un sopralluogo per così passare dal fumoso al vero.

Il consigliere Silvio Viale (Lista civica per Torino) chiede un’audizione in Commissione dei cinque garanti per comprendere l’uso degli spazi occupati e un sopralluogo – negato della presidente Patriarca – nelle parti disponibili dell’immobile, con un impegno da parte della Giunta.

Da parte sua, Lorenza Patriarca (PD) ha spiegato che il sopralluogo era stato negato per motivi tecnici e sarà riprogrammato – in accordo con la presidente Borasi – se ci saranno le condizioni tecniche per convocarlo.

Per il capogruppo del Partito Democratico, Claudio Cerrato, il percorso di coprogettazione, che non è con gli occupanti ma con un comitato cittadino che sta facendo attività sociali nel cortile dell’edificio, è un percorso importante che sembra stia funzionando. E’ un impegno complicato ed è chiaro che la richiesta di un sopralluogo sia solamente di carattere politico. Ma è bene che invece la Città continui a ragionare su un sopralluogo tecnico per verificare limitazioni ed agibilità dello stabile.

Anna Borasi (PD) ha ringraziato la vicesindaca per la relazione in Aula che ha spiegato meglio un progetto coraggioso, unico nel nostro Paese. Sul sopralluogo, ha ribadito che sono gli uffici tecnici a determinare quello che si può o non si può vedere. Un corretto approccio di sicurezza.

Il consigliere Giuseppe Catizone (Lega) non vede un’evoluzione positiva della vicenda e ha richiamato l’esecutivo a garantire l’esecuzione del sopralluogo e ad esprimere un parere sulla legge regionale in materia.

Pierino Crema (PD) ha definito corretta la scelta dell’amministrazione di avviare un percorso complesso perché non si tratta di un semplice problema di ordine pubblico.

Secondo Elena Apollonio (Alleanza dei democratici) è corretta la scelta dell’Amministrazione di seguire un processo coraggioso e difficile di legalizzazione di un luogo occupato, uscendo dalla logica della punizione e della repressione.

Per Sara Diena (Sinistra Ecologista) le destre sono brave nella ricostruzione di una narrazione distorta. Questa giunta sta attuando politiche di centrosinistra costruendo ponti e costruendo occasioni di dialogo con le realtà che sul territorio tengono viva la comunità.

Elena Maccanti (Lega) ritiene questo intervento uno schiaffo alle forze dell’ordine che hanno preso insulti e pietre in faccia da parte di chi occupa l’immobile di corso Regina Margherita. Si legittimano i delinquenti. I consiglieri possano entrare in quell’edificio.

Valentina Sganga (M5S) ribadisce la difesa del progetto e non ritiene necessario il sopralluogo. C’è una propaganda politica di bassa lega e ritiene indegno paragonare il movimento No Tav alle mafie.

Ha concluso la serie degli interventi Andrea Russi (M5S), che ha chiarito le diverse sensibilità all’interno del suo gruppo ma la condivisione del pensiero che sia indegno paragonare il Movimento NoTav alle mafie. Sul tema dell’interpellanza, si dichiara scettico su un progetto che legittima un’occupazione abusiva. E ritiene gravissima la sottovalutazione della questione strutturale dell’edificio, convinto che i vincoli di abitabilità debbano essere rispettati.

Il dibattito sull’interpellanza generale è stato concluso dal sindaco Stefano Lo Russo, che ha esordito ribadendo la solidarietà verso le Forze dell’Ordine colpite da atti di violenza, ricordando come in ogni caso le responsabilità penali siano sempre personali, non politiche. La situazione dell’edificio del cosiddetto Askatasuna, ha ricordato, data di circa 30 anni e l’attuale amministrazione ha scelto di agire, seguendo un percorso che si snoda nel quadro della legalità, tramite un Patto di collaborazione chiaramente definito dal punto di vista di regole e responsabilità: al Comune non compete l’individuazione di elementi di eversione o terrorismo, dei quali si è parlato in aula, ma competono a Prefettura, Questura e Autorità Giudiziaria.

Il primo cittadino ha poi ricordato la complessità della situazione torinese, con problemi sociali, di ordine pubblico, di eversione anche ma sono su piani diversi e non si può farne un tutt’uno. Anche in questo governo il sindaco ha trovato comprensione per la scelta politica di provare a risolvere il problema, nell’ambito del rispetto della legge: unica via percorribile, ha sottolineato Lo Russo, rivendicando la necessità di stemperare i conflitti e comprendere le complessità attuali.

Il faro sono i valori antifascisti e di tutela della libertà di pensiero e parola, compresa la libertà di dissenso, che contraddistinguono la nostra Costituzione, ha poi aggiunto il primo cittadino, ricordando come questi siano i valori della Resistenza che la nostra città ha fatto propri, come dimostrato dalla medaglia al valore che ne adorna il Gonfalone.

Sulla richiesta di accedere al luogo il sindaco ha detto che intende garantire ai consiglieri questo diritto ma nel quadro delle norme ed evitando ogni strumentalizzazione e ulteriore tensione. Lo Russo ha poi ringraziato i cinque garanti del patto di collaborazione civica, i quali si sono assunti responsabilità notevoli, ricordando come in ogni caso autorità giudiziaria, prefettura e questura possono agire in qualunque momento e senza chiedere al Comune, sulla base di eventuale nuovi elementi, nei confronti di Askatasuna, con sequestri o altro: ad oggi, non risulta avvenuto.

Il sindaco ha infine ripetuto che si tratta di una strada difficile e costosa politicamente, un investimento fiduciario sul patto di collaborazione, sul quale al momento si può proseguire. Il sindaco ha chiuso auspicando che analoga attenzione venga riservata, dalle forze politiche, a temi più inerenti allo sviluppo della nostra città.

Ufficio stampa Consiglio comunale

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