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È con il silenzio che Palazzo Nuovo riapre le sue porte. Le pareti intonse, con ancora l’odore di vernice fresca, le aule vuote. Se si guarda bene resta qualche scritta qua e là, ma poca roba. «Non c’era una parete dove non ci fosse qualcosa» sussurra il rettore Stefano Geuna, mentre ci accompagna lungo i primi due piani del palazzo, quelli abitati da un’occupazione durata quasi 40 giorni. Di quella vicenda resta ancora la bandiera della Palestina disegnata sulle scale di accesso – «la copriremo, ci va ancora un momento» assicurano dall’ateneo – e i ricordi. «È bello poter essere qua» conferma Geuna, mentre passa in rassegna i danni rilevati: scritte, tante scritte, e «qualche infisso e nottolino». La stima non c’è ancora ma Geuna promette: «la comunicherò quando sarà definitiva». Intanto, anticipa che i danni ci sono stati, e ammontano a «molte migliaia di euro». Danni «ingenti se si considera tale ogni centesimo speso». Nel pratico, lavori di ritinteggiatura e pulizia dell’edificio. Qualche scritta è stata lavata via con l’acqua, per altre è servito riverniciare. «Ci aspettavamo di dover fare questi lavori, non abbiamo avuto sorprese» conclude Geuna. E sui risarcimenti? «Stiamo valutando come procedere, alcune questioni hanno vari profili anche legali».
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